Transazione fiscale e principio di (in)disponibilità del credito tributario

by zizzo

La transazione fiscale è una procedura, collocata nell’ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, che consente il pagamento in misura ridotta e/o dilazionata del credito tributario e contributivo.

È stata introdotta dal d.lgs. n. 5 del 6 gennaio 2006. Quindi ha compiuto da poco 15 anni. 15 anni molto travagliati, numerose essendo state le modifiche intervenute in questo arco di tempo.

Le ultime, operate con l’art. 3, c. 1-bis, del d.l. 125/2020, convertito con modificazioni nella l. 159/2020, consentono di tornare su un tema invariabilmente associato alla stessa, quello della (in)disponibilità dell’obbligazione tributaria, ed in particolare della (in)disponibilità di un credito tributario certo, perché definitivo.

Avere il potere di disporre di un credito significa avere il potere di modificarne i termini, di cederlo, di rimetterlo. Senza questi poteri il suo titolare non ha il potere di disporne.

Poiché, ai sensi dell’art. 23 Cost. l’obbligazione tributaria è (e deve essere) un’obbligazione che ha radice (direttamente o indirettamente) nella legge, si deve ritenere che all’Amministrazione finanziaria possa riconoscersi il suddetto potere solo se, e nei limiti in cui, sia la legge stessa a prevederlo.

Nel fare ciò, in teoria, la legge potrebbe:

  • rimettere l’esercizio del potere in questione alla autodeterminazione dell’Amministrazione, alla sua autonomia;
  • legare l’esercizio del potere in questione ad una valutazione comparativa di interessi, quello primario (alla piena riscossione dei tributi dovuti) affidato all’Amministrazione stessa ed uno o più interessi secondari;
  • infine, legare l’esercizio del potere in questione al concreto verificarsi di determinate condizioni specificate nella legge stessa.

Nel primo caso si avrebbe un’attività libera, nel secondo un’attività discrezionale, nel terzo un’attività vincolata.

Solo in teoria, però, perché in campo tributario vige il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., quale specificazione del generale principio di uguaglianza di cui all’art. 3. Nel regolare la materia il legislatore è quindi tenuto ad assumere la capacità contributiva a presupposto, parametro e limite massimo del prelievo, del concorso alle pubbliche spese.

Anche le scelte compiute in tema di poteri dispositivi del credito devono essere valutate in rapporto ad esso.

Se detto potere dovesse essere disciplinato secondo il primo modello indicato, ad esempio, e cioè configurato come espressivo di un’attività libera dell’Amministrazione, la violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione sarebbe a mio avviso certa. A capacità contributive uguali potrebbero corrispondere infatti prelievi differenti, senz’altra giustificazione se non che l’Amministrazione ha deciso di rinunciare al credito nei confronti di uno e non dell’altro.

Le modifiche di cui al richiamato art. 3, c. 1-bis, ed in particolare l’attribuzione al Tribunale del potere di omologare il concordato/accordo di ristrutturazione anche in assenza del voto favorevole/dell’adesione dell’Amministrazione, quando la proposta formulata dal debitore si manifesta, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, maggiormente conveniente dell’alternativa liquidatoria, confermano che la transazione fiscale non segue questo modello, ma il terzo.

È infatti ragionevole ritenere che il presupposto dell’esercizio del potere sostitutivo, assegnato al Tribunale, coincida con quello del potere sostituito, spettante all’Amministrazione. E se questo comune presupposto è la maggiore convenienza della proposta transattiva rispetto all’alternativa liquidatoria, il potere dispositivo dell’Amministrazione risulta espressivo di un’attività vincolata, consistente nell’accertamento della ricorrenza della condizione stabilita dalla legge. Non libera dunque, ma neppure discrezionale, non implicando alcuna ponderazione di interessi.

Ciò significa che:

  • se detta condizione ricorre, l’Amministrazione deve assentire alla proposta;
  • se detta condizione non ricorre, deve dissentire dalla proposta.

La natura vincolata non esclude di per sé la ricorrenza di una violazione degli artt. 3 e 53. È la condizione concretamente assunta a presupposto ad escluderla, nella misura in cui assicura che il debitore concorra alle pubbliche spese, se non in modo pieno, in modo maggiore di quanto farebbe se la transazione non si concludesse, e si procedesse (nelle forme ordinarie) alla liquidazione del suo patrimonio.

Insomma, configura una rinuncia a ciò che mai si incasserà. Una rinuncia, e così un atto dispositivo del credito tributario, meramente formale, dunque, non sostanziale.

Ciò detto quanto all’assetto vigente, occorre chiedersi, laddove si volesse operare, anche in considerazione della straordinaria crisi economica che stiamo vivendo, in direzione di un rafforzamento dell’istituto, se la compatibilità con gli artt. 3 e 53 Cost. possa essere sostenuta anche nel caso l’esercizio del potere dispositivo fosse espressivo di un’attività discrezionale, e potesse determinare un concorso alle pubbliche spese inferiore a quello realizzabile se la transazione non si concludesse, e si procedesse (nelle forme ordinarie) alla liquidazione del suo patrimonio.

La risposta, a mio avviso, deve essere positiva. La ragionevolezza delle scelte compiute dal legislatore tributario non si valuta necessariamente all’interno della materia tributaria stessa, con lo sguardo rivolto esclusivamente al principio di capacità contributiva, ma pure, con una proiezione al suo esterno, alla luce del contemperamento di questo principio con altri valori costituzionalmente protetti, o comunque non arbitrariamente ritenuti meritevoli di tutela dal legislatore.

In questa prospettiva, laddove si dovesse scegliere di correlare l’esercizio del potere dispositivo alla ponderazione dell’interesse primario alla piena riscossione dei tributi dovuti con, ad esempio, l’interesse alla tutela dei livelli occupazionali in determinate zone del Paese o in determinati settori dell’economia, favorendo la continuità dell’attività produttiva condotta dal debitore, anche un assetto fondato sul secondo modello descritto dovrebbe a mio avviso superare il vaglio di compatibilità con i suddetti artt. 3 e 53.

Lo strumento della transazione fiscale ha fatto molta strada nei suoi 15 anni di vita. Altra potrebbe farne nei prossimi. Come evidenziato, sussistono sicuramente, infatti, margini per un più ampio utilizzo dello stesso.

Giuseppe Zizzo

(L’articolo è una sintesi dell’intervento tenuto l’11 febbraio 2021 nel corso del webinar “La (nuova?) transazione fiscale)

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