Nuovo intervento sul tema “La rappresentazione contabile IAS/IFRS e l’abuso del diritto”

by zizzo

Nel corso del seminario organizzato da Paradigma Srl su “La fiscalità dei soggetti IAS/IFRS” il prof. Giuseppe Zizzo ha approfondito il tema del rapporto tra la rappresentazione contabile IAS/IFRS e l’abuso del diritto.

Di seguito la sintesi dell’intervento.

L’estensione del campo di applicazione della clausola antiabuso dipende fondamentalmente da due variabili: dalle scelte operate in sede di formulazione del materiale legislativo e da quelle operate in sede di interpretazione dello stesso.

Fatti idonei a determinare risparmi d’imposta all’interno di determinati assetti legislativi, perché assunti come rilevanti secondo certi parametri, potrebbero non esserlo all’interno di altri, perché assunti come rilevanti secondo diversi parametri. Assimilazioni non ammesse all’interno di determinati assetti legislativi, in virtù dell’utilizzo di certi criteri qualificatori, potrebbero esserlo all’interno di altri, in virtù dell’utilizzo di diversi criteri qualificatori.
A legislazione invariata, poi, una condotta che secondo una determinata soluzione interpretativa genera un risparmio d’imposta, ed è perciò (potenzialmente) interessata dalla clausola, secondo un’altra potrebbe non determinare alcun risparmio, e perciò collocarsi fuori dal campo di applicazione della stessa.

Quanto al primo ordine di scelte, che è quello che qui interessa, la descrizione delle situazioni produttive di effetti giuridici in campo tributario può avvenire richiamando specifici moduli contrattuali, come pure utilizzando termini tratti dal linguaggio comune e termini tecnici o tecnicizzati di altre discipline, tra le quali spiccano quelle aziendali.
La scelta di attribuire rilievo, nella costruzione della fattispecie impositiva, ai moduli contrattuali, e dunque alle forme giuridiche, indubbiamente favorisce la dilatazione dell’area dei fenomeni interessati dalla clausola. Una contrazione di questa area può invece associarsi alla scelta di attribuire rilievo ai termini elaborati dalle discipline aziendalistiche, nella misura in cui questi valorizzano gli effetti finanziari e la sostanza economica.
Particolare attenzione merita, in questa prospettiva, la posizione dei soggetti che redigono il bilancio sulla base degli IAS/IFRS, nonché di quelli, diversi dalle micro-imprese di cui all’art. 2435-ter c.c., che redigono il bilancio in base al codice civile, per i quali l’art. 83 del d.p.r. n. 917/1986 dispone il rinvio ai criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai pertinenti principi contabili, anche in deroga alle altre disposizioni in materia di determinazione dell’imponibile delle società di capitali.
Come riconosciuto alla Cassazione (sentenza n. 17011/2020), questo rinvio implica che detti criteri contabili integrino la normativa tributaria, e, di conseguenza, che integri la normativa tributaria anche, quale criterio di qualificazione, quello della prevalenza della sostanza sulla forma.
È chiaro che, poiché il criterio della prevalenza della sostanza sulla forma elaborato in campo contabile (IAS/IFRS o OIC) costituisce un ostacolo alla strumentalizzazione delle forme giuridiche, il rinvio ad esso, nella identificazione della fattispecie impositiva, può costituire un ostacolo anche a quelle strumentalizzazioni che sono congegnate per incidere sul prelievo tributario.
Ed è chiaro altresì che, quando i vantaggi fiscali conseguibili attribuendo la prevalenza alla forma assunta dalla condotta sono annullati dall’esigenza di utilizzare ai fini qualificatori, sulla base del rinvio operato dall’art. 83, e quindi nei casi e nei termini stabiliti dai pertinenti principi contabili, della sostanza, il loro godimento da parte del contribuente configura una violazione della normativa tributaria, non un abuso della stessa, da reprimere ricorrendo alla clausola.
Ne consegue che, in un assetto normativo come quello definito dall’art. 83, tanto più numerosi sono gli scollamenti tra forma e sostanza astrattamente rilevanti per la clausola (tanto se determinati da schemi circolari quanto se determinati da schemi lineari) che possono essere ricuciti sulla base dei principi contabili, tanto meno numerosi sono quelli concretamente rilevanti per la stessa (ossia quelli che effettivamente possono essere collocati all’interno del suo campo di applicazione).

Si profilano quindi tre scenari. Due, nei quali non si configura alcuna sovrapposizione, perché la prevalenza della sostanza sulla forma rileva solo quale criterio di qualificazione (non sussistendo le condizioni per ravvisare un abuso) o solo quale elemento definitorio dell’abuso (non potendo lo scollamento tra forma e sostanza essere superato in via contabile). Ed uno, nel quale si configura una sovrapposizione, perché la prevalenza della sostanza sulla forma rileva tanto quale criterio di qualificazione quanto quale elemento definitorio dell’abuso. In quest’ultima ipotesi il concorso delle due discipline è tuttavia solo apparente. Poiché i vantaggi fiscali di natura indebita ottenuti per mezzo dell’operazione considerata possono essere neutralizzati assumendo la violazione del pertinente criterio di qualificazione, senza ricorrere alla clausola, la prevalenza della sostanza sulla forma è in concreto destinata ad operare quale criterio di qualificazione, e non quale elemento definitorio dell’elusione. Come chiarito dal comma 12 dell’art. 10-bis, laddove precisa che l’abuso “può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni di legge”, la clausola costituisce infatti uno strumento residuale, da utilizzare solo quando lo schema abusivo non può essere combattuto efficacemente in altro modo.

Giuseppe Zizzo

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