Si riporta di seguito una sintesi della relazione tenuta dal prof. Giuseppe Zizzo nel corso del webinar del 19 maggio organizzato da STEP Italy, sulla presunzione relativa alle erogazioni dei trust esteri.
Contemporaneamente all’introduzione nella lett. g-sexies dell’art. 44 del TUIR della previsione per la quale sono redditi di capitale i “redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati o territori che con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73”, nell’art. 45 è stato inserito un c. 4-quater, per il quale “Qualora in relazione alle attribuzioni dei trust esteri, nonché di istituti aventi analogo contenuto, a beneficiari residenti in Italia, non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, l’intero ammontare percepito costituisce reddito”.
Se si assume che il suo campo di applicazione sia circoscritto ai trust esteri di cui all’art. 44, lett. g-sexies, a vincere la presunzione legale (e quindi a procurarsi la prova contraria) sarà ovviamente interessato il beneficiario. Se l’erogazione riguarda il reddito del trust, ai sensi dell’art. 44, lett. g-sexies, la stessa concorrerà a formare il suo imponibile irpef, come reddito di capitale appunto. Se riguarda invece il capitale, la stessa non concorrerà a formare detto imponibile, ma sarà soggetta all’imposta sulle donazioni.
La disposizione non richiama però l’art. 44, lett. g-sexies. Si potrebbe quindi sostenere che valga anche per le erogazioni effettuate dagli altri trust esteri. Tuttavia, se l’erogazione è effettuata da un trust estero diverso da quelli di cui all’art. 44, lett. g-sexies, anche se riguardante il reddito, non concorrerà a formare l’imponibile irpef del beneficiario, per difetto di una norma impositiva corrispondente a quella di cui all’art. 44, lett. g-sexies. A vincere la presunzione sarebbe allora in questo caso interessata l’Amministrazione finanziaria. Riportando al capitale l’erogazione, la stessa risulterebbe infatti fiscalmente rilevante, sia pure ai fini dell’imposta sulle donazioni.
La differenziazione di regime tra erogazioni di reddito ed erogazioni di capitale è a mio avviso discutibile. Nella prospettiva dei beneficiari, tanto le erogazioni di reddito quanto quelle di capitale costituiscono (tipicamente, anche se non necessariamente) incrementi patrimoniali non onerosi, indistintamente appartenenti perciò alla categoria del reddito entrata (non prodotto). In tale veste dovrebbero, altrettanto indistintamente, essere esclusi dal campo di applicazione dell’imposta sul reddito perché da ricondurre a quello dell’imposta sulle donazioni.
La generale esclusione dal campo di applicazione dell’imposta sul reddito delle erogazioni di reddito è stata invece ricondotta all’esigenza di impedire doppie imposizioni (circ. n. 48/E del 2007). Se però il trust è fiscalmente residente in uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata, questa esigenza svanisce, giustificando l’inclusione delle erogazioni di reddito effettuate dai trust residenti in detti Stati o territori nell’imponibile dei beneficiari disposta dall’art. 44, lett. g-sexies.
La distinzione tra erogazioni di reddito ed erogazioni di capitale si trova anche nel diritto dei trust, quale riflesso della classificazione dei beneficiari in beneficiari del reddito e beneficiari del capitale. La nozione di reddito accolta dal diritto dei trust è però diversa da, e più restrittiva di, quella accolta dalla normativa tributaria (non include, ad esempio, le plusvalenze patrimoniali). Sulla base di quest’ultima, si potranno pertanto configurare erogazioni di reddito anche in casi in cui contabilmente si ha una erogazione di capitale.
In assenza di diverse indicazioni, il reddito fiscalmente rilevante del trust estero deve essere calcolato sulla base della legislazione italiana, applicando, in ragione del suo oggetto, ora la normativa in materia di enti commerciali ora (e più frequentemente) quella in materia di enti non commerciali. E poiché la predetta legislazione si occupa della determinazione del reddito e non del capitale, indipendentemente dalle risultanze contabili, quest’ultimo andrà individuato per differenza, quale quota del patrimonio del trust non riferibile ai redditi fiscalmente rilevanti conseguiti dallo stesso nel tempo, e frattanto non erogati.
Per vincere la presunzione legale il beneficiario dovrà provare che l’erogazione o una parte di essa ha, fiscalmente, natura di capitale. Per come la presunzione legale è strutturata, il beneficiario è ammesso a provare questa circostanza non solo se il patrimonio è formato solo da capitale, ma anche quando il patrimonio è composto sia da capitale sia da redditi. Per i trust non opera infatti, non essendo estesa agli stessi, la presunzione di preventiva distribuzione degli utili e delle riserve di utili stabilita per le società dall’art. 47, c. 1. Determinante sarà pertanto l’origine delle risorse erogate, per come individuata dal trustee, e riflessa nella contabilità del trust.
In ogni caso, la prova in questione implicherà l’accertamento di fatti accaduti nella sfera giuridica del trust, e richiederà pertanto:
- necessariamente, la collaborazione del trustee, in particolare nella forma della comunicazione dell’origine delle risorse erogate, della trasmissione della contabilità del trust e, soprattutto, di tutta la documentazione relativa all’attività svolta;
- verosimilmente, l’intervento di professionisti (italiani e, eventualmente, dello Stato di residenza del trust) che, sulla base di detta documentazione, operino una ricostruzione dei redditi conseguiti nel tempo dal trust e delle erogazioni in precedenza effettuate dallo stesso, per escludere la riferibilità al reddito della erogazione considerata, come pure per individuare situazioni che autorizzino la disapplicazione della norma impositiva di cui all’art. 44, lett. g-sexies (redditi assoggettati a tassazione in Italia, perché prodotti in Italia, o assoggettati a tassazione in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata, perché prodotti in detti Stati o territori).