Con sentenza n. 4809/19 del 14 novembre 2019 la Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha condannato l’Agenzia delle Entrate al rimborso a favore del contribuente di oltre un milione di euro di interessi maturati in relazione ad un credito IVA, accogliendo pienamente le argomentazioni esposte dal nostro studio.
E’ infatti prassi degli Uffici non riconoscere la maturazione degli interessi sui crediti IVA nel caso in cui a carico del contribuente siano riscontrabili pendenze tributarie.
La Commissione Tributaria Provinciale di Milano, nella sentenza in questione, ha espresso al riguardo alcuni importanti principi.
Il primo è che il fermo amministrativo non può prescindere dall’emissione di un provvedimento formale, da portare a conoscenza del contribuente destinatario. Nella specie l’Ufficio aveva notificato una mera richiesta di definizione di carichi pendenti, senza che alla stessa avesse fatto seguito la notifica di un provvedimento formale di fermo.
Il secondo è che l’art. 38-bis del d.p.r. 633/1972, nella parte in cui prevede che non maturano interessi nel periodo intercorrente tra la data di notifica della richiesta di documenti da parte dell’Ufficio e la data della loro consegna da parte del contribuente, se questo supera i quindici giorni, non risulta applicabile alle istanze di definizioni di carichi pendenti, non essendo questi atti assimilabili ad una richiesta di documenti.
Il terzo – espresso incidentalmente – è che, ai fini della valutazione dell’imputabilità della mora nel rimborso del credito IVA, occorre guardare alla sorte delle pendenze tributarie in forza delle quali il fermo amministrativo è stato disposto: se queste sono state nel frattempo annullate, dalla stessa Agenzia o dai Giudici, la mora non può essere addebitata al contribuente.
Una sentenza che ha il pregio della chiarezza, e che si auspica trovi conferma nella giurisprudenza di legittimità.
Chiara Sozzi