Fermo amministrativo e crediti Iva: la Cassazione rivede la propria posizione

by zizzo

Negli ultimi anni sembrava essersi consolidato nella giurisprudenza della Cassazione l’orientamento secondo cui il fermo amministrativo si applica anche ai rimborsi Iva. Due recenti pronunce della Corte, tuttavia, riaprono la questione.

In materia tributaria l’espressione “fermo amministrativo” indica la possibilità dell’Amministrazione finanziaria di sospendere il rimborso di un credito vantato da un contribuente, in via provvisoria e senza la necessità di un intervento da parte dell’autorità giudiziaria, in ragione della concomitante esistenza di una “ragione di credito” dell’Amministrazione stessa nei confronti del medesimo contribuente. La misura, avente funzione cautelare, è disciplinata dall’art. 69, c. 6, del r.d. 2440/1923, per il quale “Qualora un’amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richieda la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo”.  

Per l’Amministrazione finanziaria, l’istituto si rende applicabile anche ai rimborsi Iva: in presenza di “carichi tributari pendenti” – ovverossia di debiti tributari del contribuente, anche non definitivi, in quanto oggetto di impugnazione avanti i Giudici tributari – il rimborso dei crediti Iva viene così negato sino alla definizione del relativo contenzioso.

La possibilità di applicare il fermo amministrativo ai rimborsi Iva è stata oggetto di varie sentenze della Corte di Cassazione.

In base ad un primo orientamento, avvallato dalla dottrina maggioritaria, l’art. 69, c. 6, non risulterebbe applicabile ai rimborsi Iva. Questo perché “in tema di rimborsi IVA, l’art. 38-bis del d.p.r. 633/1972 – prevedendo, accanto alla sospensione dell’esecuzione dei rimborsi in presenza di contestazioni penali, un articolato sistema di garanzie teso a tutelare l’interesse dell’Erario all’eventuale recupero di quanto dovesse risultare indebitamente percepito dal contribuente – introduce una specifica garanzia a favore dell’Amministrazione e preclude, pertanto, l’applicazione a detti rimborsi dell’istituto del fermo amministrativo, previsto dall’art. 69 r.d. 2440/1923” (si veda, per esempio, Cass., sez. V, ord. 1-7-2009, n. 15424). Sulla scorta della considerazione che, in materia di Iva, l’ordinamento contempla già un articolato sistema di garanzie a tutela del credito erariale, oltre a specifiche ipotesi di sospensione del rimborso, questo primo filone di pronunce ha quindi escluso che in detta materia possa farsi ricorso all’istituto disciplinato all’art. 69, c. 6.

In base ad un secondo orientamento, invece, il fermo amministrativo costituisce una misura cautelare di carattere generale che, in quanto tale, deve trovare applicazione anche ai rimborsi Iva. Sulla base di questo secondo filone di pronunce, “il provvedimento di sospensione del pagamento previsto dal R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69 è espressione del potere di autotutela della P.A. a salvaguardia dell’eventuale compensazione legale dell’altrui credito con quello, anche se attualmente illiquido, che l’amministrazione abbia o pretenda di avere nei confronti del suo creditore, ed ha portata generale in quanto mira a garantire la certezza dei rapporti patrimoniali con lo Stato, mediante la concorrente estinzione delle poste reciproche (attive e passive). Ne consegue l’applicabilità della norma anche ai rimborsi dell’iva, fino al sopraggiungere dell’eventuale giudicato negativo circa la concorrente ragione di credito vantata dall’erario” (Cass., sez. V, ord. 31-10-2017, n. 25893).

L’orientamento giurisprudenziale da ultimo richiamato sembrava, negli ultimi anni, essersi ormai consolidato. Due recentissime sentenze hanno però riaperto la questione.

Con la sentenza n. 27784 del 31 ottobre 2018, la Corte di Cassazione ha infatti dichiarato di non ravvisare “nell’art. 38-bis… l’esistenza di carichi pendenti come motivo ostativo ai rimborsi iva”. Questa circostanza emergerebbe “Già da una prima lettura della norma, e quindi sulla base di un argomento meramente letterale”. Invero, “L’unica pendenza che, nella disposizione – nelle sue varie versioni che si sono succedute negli anni -, giustifica la sospensione del rimborso è quella di un procedimento penale… Per il resto, la tutela dell’interesse dello Stato nell’esecuzione del rimborso è affidata ad un sistema basato sulla prestazione di garanzie e non è prevista, quindi, alcuna sospensione dello stesso per carichi fiscali pendenti”. Fatta questa precisazione, i Giudici di legittimità hanno quindi dichiarato di aderire al primo degli orientamenti giurisprudenziali sopra descritti, per il quale l’art. 38-bis “rappresenta un sistema ‘chiuso’ e specifico in tema di rimborsi iva, il quale, proprio attraverso un articolato sistema di garanzie, tende a tutelare l’interesse dell’Erario all’eventuale recupero di quanto dovesse risultare indebitamente percepito dal contribuente, prevedendo appunto una specifica garanzia a favore dell’Amministrazione, e ‘preclude, pertanto, l’applicazione a detti rimborsi dell’istituto del fermo amministrativo, previsto dal R.D. n. 2440 del 1923, art. 69 (cfr. Cass n. 27265/06; 10199/03)’ (Sez. 5, n. 15424 del 2009)”. Una siffatta interpretazione è in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, per la quale le misure di natura conservativa adottate negli ordinamenti nazionali e che incidono sulla restituzione dell’eccedenza di iva, “se non sono a priori in contrasto con l’ordinamento dell’Unione… devono però rispondere al principio di proporzionalità” e “non devono porre in discussione sistematicamente il diritto alla deduzione dell’iva…. che è principio fondamentale”.

Questi stessi principi sono stati condivisi anche dalla sentenza n. 28739 del 9 novembre 2018.

E’ probabile – oltre che auspicabile, anche in considerazione della centralità che la sollecita restituzione dei crediti Iva riveste ai fini della neutralità del tributo – che la soluzione del contrasto esistente nella giurisprudenza di legittimità sia rimessa ad un intervento risolutivo e chiarificatore delle Sezioni Unite.

Chiara Sozzi

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