Nel n. 3 di Rassegna Tributaria il prof. Giuseppe Zizzo ha commentato la sentenza della Corte costituzionale n. 262/2020 nell’articolo dal titolo “Deduzione dell’imu dai redditi di impresa tra doveri costituzionali e virtù politiche”.
Secondo la Corte, una volta operata la scelta di assumere a presupposto dell’imposta il reddito complessivo netto, il legislatore non può vietare la deduzione di un onere chiaramente ed interamente inerente, come appunto l’imu in questione, a meno che il divieto non abbia una valida giustificazione, nella specie assente. Questa analisi è pienamente condivisibile. Desta invece perplessità quella compiuta per escludere l’illegittimità costituzionale del divieto con riferimento agli anni successivi, non solo perché evidentemente ispirata alla preoccupazione di salvaguardare i conti pubblici, ma anche perché, a tal fine, la Corte, invece di operare direttamente sulla modulazione degli effetti della sentenza nel tempo, sembra cambiare opinione. Mentre nella prima parte della sentenza, riferita al 2012, configura la cancellazione del divieto come doverosa, nella seconda, riferita agli anni successivi, ce la presenta come meramente opportuna.