Grazie alla sentenza della Corte Costituzionale n. 158/2020, la Corte di cassazione dovrà finalmente riconoscere che l’imposta di registro è una “imposta d’atto”, e che la scelta legislativa (chiaramente espressa già nella versione originaria dell’art. 20) di assumere ad indice di capacità contributiva di questa imposta la forza economica connessa agli effetti giuridici prodotti dal singolo atto portato alla registrazione non può essere giudicata irragionevole, e perciò lesiva dei principi costituzionali di capacità contributiva ed uguaglianza, in quanto comunque rivolta ad “un indice rivelatore di ricchezza”.
Nel respingere le questioni di costituzionalità portate al suo esame, la Corte Costituzionale ha ritenuto di valorizzare anche la sentenza n. 2054/2017 della Corte di cassazione, nella quale quest’ultima, decidendo in favore di un contribuente assistito dal nostro studio, aveva escluso la possibilità di riconfigurare come cessione di azienda il conferimento di azienda seguito dalla cessione delle quote nella conferitaria, stante appunto la natura di imposta d’atto dell’imposta di registro.
Per un quadro sulla controversa questione, si rinvia all’articolo del prof. Giuseppe Zizzo pubblicato a commento delle modifiche normative relative all’art. 20 del d.p.r. 131/1986.